Sette, la barca si capovolge e respiriamo comunque, senza branchie, senza ossigeno e senza logica, perché siamo solo personaggi in una foto di giornale, perché non approfittarne? Otto, la barca si capovolge e sono solo un po’ bagnato, perché il mare non dovrebbe far male come la gente, dicono. Nove, la barca si capovolge, ancora, e ancora, non si ferma mai, perché è una giostra generosa, come il futuro che non ho mai avuto. Dieci, la barca si capovolge e siamo arrivati, perché questa nave non naviga, si limita a scivolare su un tappeto di insopprimibili speranze. Undici, la barca si capovolge e diventa un paese… Poi, dodici, la barca si capovolge e diviene una città… Quindi, tredici, la barca si capovolge e si trasforma in un villaggio di case, ma senza bisogno di strade, di strade ma prive di marciapiedi, di popoli che viaggiano solo a piedi, che non hanno un nome e una bandiera da proteggere, solo qualcosa per cui vale la pena vivere. Insieme. Leggi il resto
di Alessandro Ghebreigziabiher